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lunedì 16 giugno 2014

La razza spirituale

Una sintesi tratta dal più controverso libro di Julius Evola "Sintesi di dottrina della razza" per le cui idee fu ingiustamente arrestato per apologia del fascismo, accusa dalla quale fu assolto con formula piena nel 1951.
Il "razzismo" di Evola nulla ha a che vedere con le teorie genetiste e materialiste del Lombroso prima e del nazismo poi.
Quello di Evola è il razzismo dello spirito, delle differenze innate di ordine superiore (come in Jung) e della responsabilità personale contro il modernismo positivista dell'illuminismo che in nome di una presunta eguaglianza cancella le differenze rendendo l'uomo un numero le cui azioni sono determinate dal contesto esterno anziché dalle virtù interne.
La seguente sintesi illustra brevemente il concetto di razza dello spirito come caratteristica e responsabilità che con forza dirompente si scaglia contro i dogmi della modernità.


Le condizioni esterne possono, sì, propiziare o ostacolare lo sviluppo delle disposizioni innate, ma nessuna forza dell'ambiente, nessuna forza agente dall'esterno, sia essa di natura materiale o morale, è capace di trasformare la più intima essenza dell'uomo. 
Il caso estremo è quello in cui le condizioni esterne vadano a determinare una differente forma di apparire di un dato tipo: forma che però scompare quando le condizioni normali siano ripristinate.  Ma se cosi stanno le cose, il valore di ciascuno, sia nel bene che nel male, lungi dall'esser l'effetto di un ambiente buono o cattivo, procede da qualità ereditate correlative ad un dato sangue e ad una data razza e poi, più in particolare, alle specificazioni che l'uno e l'altra subiscono nelle diramazioni che conducono fino al singolo. Le conseguenze di tale nuovo punto di viste nel campo pedagogico, sociale e anche giuridico sono cosi palesi, che qui è inutile sottolinearle. 
E questa è la via che, se intelligentemente seguita, può condurre ad un pieno superamento di molti miti ancora vigenti e a molte utopie della mentalità democratica, con conferma dei valori della personalità; questi valori, infatti, svaporano dovunque non si possa parlare di una responsabilità, di una natura propria, di un interno destino. 
Abbiamo detto «se intelligentemente seguita», poiché anche qui l'esperienza ci mostra che i razzisti, quando mancano di adeguati principii d'ordine tradizionale, possono finire in svolte pericolose. Tale è il caso quando, per via di una assunzione scientista delle leggi dell'eredità e di una interpretazione quanto mai unilaterale e materialistica dell'eredità stessa, all'azione meccanica dell'ambiente si va a sostituire il fatalismo dell'eredità, le "vittime dell'ambiente" facendo posto alle vittime o ai gratuiti eredi di determinismi atavici retrocedenti nell'oscurità dei tempi.

 Razzista, a suo modo, a questa stregua, sarebbe stato già l'ebreo Lombroso, con la sua nota teoria del delinquente nato irresponsabile perché esemplare superstite di una razza o tipo biologicamente ben definibile atavicamente spinto ad azioni criminali. [...]
Qui ci limitiamo a dire che il concetto di eredità è sì naturalmente inseparabile da quello di razza e che la concezione moderna delle qualità razziali non è, come nella vecchia antropologia, quella di caratteristiche astratte tipiche per un dato gruppo numerico di individui, ma quella di caratteristiche ereditarie; purtuttavia razza ed eredità non sono da concepirsi come determinismi naturalistici, ma — essenzialmente — come forze, come potenzialità, come energie formatrici dall'interno e, in una certa misura, perfino dall'alto.
Julius Evola "Sintesi della Dottrina della Razza" - 1978 (I ed. 1941) - AR, pp. 24-25