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martedì 29 dicembre 2015

L'ARCHETIPO DELLA SPADA DALLA TRADIZIONE A STAR WARS

L'uomo ha da sempre riversato nella spada profondi significati che vanno ben oltre il suo utilizzo pratico. Essa in primo luogo ha gli scontati significati di difesa e di offesa da cui derivano quelli di dualismo tra il bene e il male, a seconda dell'uso che di essa si faceva. Per il suo uso, da tali concetti sono derivati il Codice Cavalleresco in Occidente ed il Bushido nell'estremo oriente, entrambi come Codici d'onore. La spada era un segno distintivo del Cavaliere del Samurai  e anche dello Jedi, essa è un “marchio” che contraddistingue gli iniziati guerrieri.
In questo senso la spada è il simbolo per antonomasia della condizione militare e delle virtù relative al coraggio; espressione di nobiltà, di forza virile, e di altezza morale. Essendo però simbolo di potere essa ha in se una dualità da un lato costruttiva di giustizia e dall'altro distruttiva di prevaricazione.
Nella tradizione cavalleresca, dunque, la spada se brandita da mani capaci e giuste esprime “forza benefica”; ma se cade in mani indegne ed impure può divenire “malefica”.
La sua dualità contiene il maschile e il femminile; il bene uniti in un unico oggetto. Da questa unione di opposti la spada trae la sua forza che può essere anche divina (Bibbia: “La spada dello spirito che è la parola di Dio” E.F. 16-17).

La spada, come simbolo della volontà divina, anima e protegge i giusti, punisce gli ingiusti e simboleggia il Verbo divino. Nell’Apocalisse di Giovanni è rappresentato il Verbo Personificato (il Cristo) dalla cui bocca fuoriesce una spada a doppio taglio i cui due fili taglienti stanno a significare il duplice potere di giustizia: combattere il “male” e difendere i “giusti” (Cfr. Bessi).
La spada come simbolo di Giustizia viene di solito raffigurata come una spada a doppio taglio.
Raimondo Lullo (Cfr."Libro dell’Ordine della Cavalleria”) scrive:
al cavaliere si dà la spada, che nella forma è simile alla croce, per significare che, come N.S Gesù Cristo vinse sulla croce la morte, nella quale eravamo incorsi per il peccato di nostro padre Adamo, così il cavaliere dovrà con la spada sterminare i nemici della Croce. E poiché la spada ha due tagli e la Cavalleria è fatta per mantenere la giustizia, che consiste nel dare a ciascuno il suo, per questo la spada vuol dire che, per mezzo di essa, il cavaliere deve mantenere la Cavalleria e la Giustizia”.
La spada unita alla bilancia della Giustizia diviene simbolo di discernimento. Grazie alla ponderazionedella bilancia: la forza con il controllo. Cosi la spada è rappresentata anche nei Tarocchi di Wirth nell'Arcano VIII, la Giustizia. Questo Arcano richiama nelle fattezze l’Arcano III, l’Imperatrice, ovvero il simbolo dell’Idea Creatrice. La Giustizia è tuttavia una figura dura e severa, che agisce. La sua raffigurazione siede su un trono massiccio come il cubo d’oro dell’Arcano IV, l’Imperatore, col quale è in stretta relazione di significato. Mentre l’Imperatore è la personificazione del principio numerale generatore della vita la Giustizia ne concretizza l’autorità terrena.

La spada viene anche associata a elementi naturali di forza, come il fulmine, il fuoco o il sole che colpiscono e folgorano come la luce riflessa sull'acciaio della sua lama.
La lama, nella sua lucentezza è come un doppio specchio dove il cavaliere può vedere riflesse le sue virtù ed i suoi vizi, in una dualità che viene qui simboleggiata dalla duplicità del taglio.
Anche l’operare della spada è per certi versi analogo a quello della Luce, che contrasta le tenebree l’oscurità dell’ignoranza. La spada è purificatrice come il fuoco, la purificazione con essa avviene sia con il lungo ed estenuante apprendistato per conoscere i segreti del suo utilizzo in battaglia sia sia per l'acquisizione della fermezza d’animo nel colpire ed uccidere l'avversario. La cerimonia di consacrazione dei cavalieri occidentali avveniva infatti mediante l’imposizione della Spada da parte del Vescovo, significando la trasmissione attraverso l'arma della virtù divina al nuovo cavaliere.

Nella "Genesi", si narra che Dio avesse posto due cherubini armati di spade di fuoco a guardia del sentiero che conduceva all'Albero della Conoscenza.
Nella Cosmogonia orientale, una spada fiammeggiante fu posta in mano ad esseri spirituali chiamati Deva, che analogamente ai Cherubini nel giardino dell'Eden erano posti a "guardia" del Regno spirituale. Nell'antico testamento Adamo ed Eva furono cacciati dall'Eden da angeli armati di spade infuocate e gli angeli ribelli vennero precipitati dal Paradiso spinti da "lingue di fuoco".
Anche nella iconografia buddista la lama di fuoco è simbolo della lotta per la conquista della conoscenza e per la liberazione dai desideri materiali. E cosi è anche per la cultura induista, dove la spada di fuoco di Vishnu è simbolo di conoscenza ottenuta con il fuoco che rischiara dalle tenebre dell'ignoranza.
Nell' Apocalisse la spada rientra nella visione dei tre flagelli (guerra, pestilenza, carestia), con cui Dio manifesterà la sua potenza dopo la battaglia dell'Armageddon. La trilogia dei flagelli si trova anche nei libri cosiddetti di "Geremia" e di "Ezechiele", nei quali la spada infuocata simboleggia il potere del Logos divino e del Sole.
La spada fiammeggiante,è dunque un archetipo universale di energia spirituale espressa anche attraverso l'Elemento Fuoco.


Le spade mitologiche nella mitologia medievale hanno un nome proprio ad indicare una loro personalità che abbinata alle virtù di chi la impugna possono esprimere forza benefica. Ve ne sono innumerevoli (Aradonight - spada di Lancillotto.; Balisarda - spada di Ruggero; Caladbolg - spada di Fergus mac Róich; Claíomh Solais - spada di Nuada Airgeadlámh, re d'Irlanda; Colada - spada di el Cid; Cortana - Sspada di Edoardo il Confessore; Crocea Mors - spada di Giulio Cesare; Gramr (Balmung) (Nothung) - spada di Sigfrido; Hrunting e Naegling - spade di Beowulf , …) ma le più famosa sono senza dubbio Durindana di Orlando e Excalibur di Artù.

Durindana, secondo la tradizione del ciclo carolingio, è la spada di Orlando, paladino del re dei franchi Carlo Magno. Secondo la leggenda essa fu donata ad Orlando proprio da Carlo Magno. Nell’Orlando Furioso di Ariosto si narra che essa era molto antica e appartenne ad Ettore di Troia:
Non porta spada né baston; che quando l'arme acquistò, che fu d'Ettor troiano, perché trovò che lor mancava il brando, gli convenne giurar (né giurò invano)che fin che non togliea quella d'Orlando, mai non porrebbe ad altra spada mano: Durindana ch'Almonte ebbe in gran stima, e Orlando or porta, Ettor portava prima.”
(canto XIV, 43)
Il nome Durindana, secondo alcuni deriverebbe dal latino durus (duro) oppure da "d'Orlandana, spada di Orlando".
Nella Chanson de Roland si narra, che Durindana contenesse nell'elsa diverse reliquie: un dente di San Pietro, il sangue di San Basilio, i capelli di San Dionigi e un pezzo di vestito della Vergine Maria; tali reliquie le conferivano un potere divino. Quando Orlando tentò di distruggere la spada a Roncisvalle per non farla cadere in mani nemiche, creò con l'impatto la Breccia di Orlando, nei Pirenei; la spada però, non si ruppe e Orlando la gettò allora in un fiume avvelenato. Secondo alcune leggende popolari, la spada si troverebbe ora a Rocamadour, in Francia.

Excalibur è probabilmente la più famosa spada magica nella tradizione occidentale, le sue vicende sono narrate nelle opere del ciclo bretone.
Excalibur è una delle spade mitologiche di Re Artù che fu l'unico uomo in grado di estrarla dalla roccia. Tuttavia occorre precisare che sebbene Excalibur venga oggi universalmente identificata con la spada nella roccia in alcune narrazioni le due spade distinte.
Anche l'etimologia del suo nome non è chiara si può fare risalire a due ceppi linguistici molto differenti: quello latino e quello celtico. Secondo l'etimologia latina Excalibur deriverebbe dal nome di un'antica popolazione di fabbri chiamati "Calibi" che l'avrebbero forgiata (letteralmente proveniente dai Calibi). Altre interpretazioni dal latino si rifanno alla sue doti di imporre la giustizia, dunque ex "calibro" cioè in perfetto equilibrio. Secondo l'etimologia celtica invece il suo nome deriverebbe da Caliburn, cioè "acciaio lucente" o "acciaio indistruttibile".
Excalibur non è l'unica “spada nella roccia”, ve n'è una in Italia nei pressi dell'abazzia di San Galgano. L'abazia gotica fu costruita in memoria di San Galgano, a Montesiepi (Chiusdino), vicino Siena. In una piccola cappella su una collina sovrastante si trova una spada conficcata nella roccia da cui fuoriesce soltanto l'elsa ed alcuni centimetri della lama formando la figura di una croce.
La vicenda leggendaria della spada di San Galgano è ricca di valenza simbolica. Galgano Guidotti rinunciò al dominio rappresentati dalla spada per dedicarsi totalmente alla croce, simbolo estremo d’amore, pace e rinunzia alla violenza, e mentre conficcava la spada nella roccia pronunciò la frase:
In terram pro cruce spatam fixit”.
La forma a croce della spada nella roccia di San Galgano rimanda ad un altro aspetto simbolico della spada. Nel Medioevo tale croce formata dall’elsa fu fonte di diverse elaborazioni mistiche secondo le quali in tale forma dell'elsa con la lama si rispecchiavano i valori cristiani della cavalleria. Cosi nell'iconografia di diversi santi questi vengono raffigurati muniti di spada, che utilizzano in gloriose tenzoni con creature e nemici malefici. Secondo una leggenda Santa Caterina fa rinvenire sotto un altare a Giovanna d’Arco la spada con cui combattere per la libertà della Francia.
Il centro della croce è ciò che fonde, che amalgama, che mescola gli elementi in un equilibrio da cui scaturisce la vita. È l’opera divina, è il soffio di Dio sulla materia inerte, è il quinto elemento: il Vivificatore.

Così come in Occidente anche in Giappone troviamo “spade leggendarie”.
Anche la "katàna", la spada giapponese dei "samurai", secondo la tradiziona nipponica assolve alla duplice funzione di strumento di giustizia o di dispotismo a seconda dell'uso che se ne sarebbe fatto in combattimento.
Ama no Murakumo (天叢雲剣), tradotto Spada del Paradiso è una spada leggendaria di cui si parla nel testo mitologico giapponese “Koijiki”.
Secondo il mito nipponico, Susanoo (dio del mare e delle tempeste) un giorno si imbattè in una famiglia disperata per avere perso sette figlie sacrificate al malvagio mostro a otto teste Yamata no Orochi, che richiedeva vergini in sacrificio minacciando altrimenti la devastazione dell'intera provincia, era rimasta loro solo una figlia Kushinada e temevano ora per la sua vita. Susanoo si innamorò della giovinetta ed escogitò un piano per sconfiggere il mostro, in cambio della sua mano. Trasformò Kushinada in un pettine e ordinò che fossero raccolti otto barili di sake, da disporre di fronte alla casa della ragazza, dove il mostro si sarebbe presto recato per reclamare il sacrificio della vergine. Yamata no Orochi giunto a casa di Kushinada, trovò gli otto barili di sake e si ubriacò cadendo addormentato. Mentre dormiva Susanoo tagliò tutte e otto le teste del mostro uccidendolo.
Dopo avere tagliato le teste di Yamata no Orochi, il dio Susanoo iniziò a recidere le code del mostro, riuscì a tagliare le prime sette senza difficoltà, ma quando giunse all'ottava coda, la sua spada trovò qualcosa di estremamente duro; fu così che Susanoo trovò la spada Ama no Murakumo (detta anche Kusanagi).
Molti secoli dopo durante il regno dell'imperatore Keikō, la spada passò nelle mani del grande guerriero Yamato Takeru, come dono della zia, la principessa Yamato, Vergine del Tempio di Ise,
Yamato Takeru cadde però in un'imboscata ordita da un vile signore della guerra. che con delle frecce infuocate, intrappolò l'eroe in un cerchio di fuoco. Yamato Takeru cercò di usare la spada per impedire alle lingue di fuoco di raggiungerlo e scoprì in tal modo che l'arma leggendaria aveva il potere di dirigere l'aria ed il vento; creò dunque un passaggio tra le fiamme mettendosi in salvo. Da allora, Yamato Takeru chiamò la spada Kusanagi, cioè Spada Falciatrice d'Erba.

Secondo alcune tradizioni iniziatiche sia orientali che occidentali, il guerriero-cavaliere che porta la spada è in gradi di unire il fisico e lo spirituale, unendo l'essenza della spada a quella di se stesso in perfetto equilibrio. Solo chi riesce ad unire ed equlibrare questi aspetti potrà definirsi un guerriero.
Secondo tali concezioni la spada è rappresentazione dell'Uomo: il pomo è la testa; il manico è il collo, il paracolpi sono le spalle, il fodero è il corpo; la lama è la colonna vertebrale che racchiude l'anima e la punta è il coccige. (Cfr. Cuneo)
La lama simboleggia l'anima poiché è lucente e riflette la Luce del Sole Creatore.

In termini alchemici, la "spada de' filosofi" rappresenta il fuoco del crogiuolo ed è anche legata simbolicamente all'acqua ed alla figura del drago, intesa come derivazione dalla metamorfosi del fuoco.
Le leggende europee narrano di Exacalibur, spada sacra custodita in uno specchio d’acqua calma e limpida.
Ma anche qui ci troviamo di fronte ad un archetipo universale, infatti anche nella mitologia nipponica le spade venivano estratte dagli eroi dalle viscere dei draghi uccisi, oppure prelevate dal letto dei fiumi.
In tali leggende, se gettate in acque correnti, le spade sacre si trasformavano in draghi lucenti, e se conficcate nel terreno creavano fonti e laghi sacri.
Excalibur è custodita dalla Dama del lago, divinità pagana che si poteva intravedere negli specchi di acqua. La Dama donala spada all’uomo giusto che avrebbe usato la sua forza per la giustizia.

Andando a saghe e simbologie più "contemporanee" troviamo forti valori archetipi della spada in Star Wars.
La spada di un cavaliere Jedi è parte integrata di colui che la impugna, una estensione del cavaliere Jedi e della sua identità. E' un oggetto sacro che solo i cavalieri Jedi posso utilizzare in maniera efficace grazie alla Forza.  I Jedi essendo cavalieri appartengono a una ristrettissima elite di guerrieri mistici, dotati di un potere spirituale dato loro in dono dalla Forza. Le spade laser rimandano alla spada fiammeggiante con poteri soprannaturali. 
Le spade di Star Wars però non sono sempre portatrici di giustizia ma  proiezioni dell'identità morali dei cavalieri Jedi. come detto sopra posso essere portatrici di giustizia o di malvagità a seconda di chi le impugna. Si riscontra una analogia con il ciclo dell'anello del Nibelungo di Wagner. Nella Valchiria del ciclo dell'anello del Nibelungo, Siegmund trova la spada del padre, come accade a Luke e nel settimo episodio alla figlia di Luke. Sigmund perde mano e spada (per volontà del suo vero padre Wotan) nel suo scontro con Hunding in maniera analoga a Luke contro suo padre Dart Fener.  La spada di Siegmund dovrà essere riforgiata e il rinnovamento dell'arma è simbolo di presa di coscienza interiore del cavaliere come avviene anche in Star Wars dove  Luke deve ricostruire la propria spada in sostituzione di quella perduta nel suo processo di crescita per diventare Jedi. 

La spada  ha idunque molteplici significati simbolici, essa è  archetipo di forza (e se usata per il bene di giustizia) che si trova in tutte le culture e in tutte le epoche, dalla mitologia antica alle saghe moderne come Star Wars.

Gandolfo Dominici

Fonti:
  • Altomonte Athos A. - “Sulla Trasmutazione metallica” – Esonet
  • Bessi L. - "La Spada Sacra" un viaggio per il risveglio della coscienza - L'Archivio Editore, 1998
  • Bessi L. - "La spada Occidentale" Combattimento, arte sacra, iniziazione” - Castelvecchi, 2005
  • Biedermann H. - “Enciclopedia dei simbolo” - Bompiani, 1999.
  • Chevalier J. - “Dizionario dei simboli, ed. Rizzoli, 1986.
  • Cirlot E. - “Dizionario dei simboli” - Siad, 1988.
  • Corbetta G. - Magia della Spada- 
  • Cuneo M. - “La Spada. Un'arma aristocratica”
  • Durville H. - “Le armi e la magia” - Dioscuri, 1987.
  • Guènon R. - I Simboli della scienza sacra” - Adelphi, 1978
  • Lullo R. - "Il libro dell'ordine della cavalleria" - Arktos, 1994
  • Pegoraro P. - Simbologia della spada 
  • http://www.guerrestellari.net/athenaeum/influ_menuradici_spada.html
  • files.splinder.com/ea403c15d35078c3662bc90ee24bc47b.pdf

lunedì 28 dicembre 2015

Il destino e il tempo (Borges)

"Il nostro destino non è spaventoso perché irreale; è spaventoso perché irreversibile e di ferro. Il tempo è la sostanza di cui sono fatto. Il tempo è un fiume che mi trascina, e io sono il fiume; è una tigre che mi sbrana, ma io sono la tigre; è un fuoco che mi divora, ma io sono il fuoco. Il mondo, disgraziatamente, è reale; io, disgraziatamente, sono Borges."
Nuova confutazione del tempo - Jorge Luis Borges

venerdì 25 dicembre 2015

Breve pensiero sul Natale

Il Natale serve a una cosa importante, talvolta piacevole, talaltra melanconica. A Natale ci si accorge di chi c'è e di chi non c'è nella nostra vita: di chi non c'è e vorremmo ci fosse, di che c'è e non vorremmo ci fosse, di chi c'e' stato e non c'è voluto più essere, e, talvolta, della speranza di chi ci potrà essere.Insomma il Natale fa il punto per rinascere col Sole ogni anno.
G.D.

venerdì 9 ottobre 2015

AGO ERGO SUM

"AGO ERGO SUM". 
Il desiderio diretto ad uno scopo genera la volontà, la volontà genera l'azione, l'azione dà forma all'attore. 
Desiderio, volontà, azione e attore costituiscono un processo unitario che è l'esistenza. Senza azione l'attore non esiste, ma è sospeso nel limbo del possibile ma non reale.
G.D.

lunedì 28 settembre 2015

Lascia vivere le passioni...


Opporsi alle passioni è non solo inutile ma dannoso. 
Se le allontani dai loro aria e le alimenti, se invece le chiudi nascondendole dentro di te il loro fuoco brucia il tuo ossigeno e ti uccide. 
Lasciale vivere, bruciare e fare il loro corso e loro lasceranno vivere te. 
G.D.

martedì 15 settembre 2015

La Magia di Faust

"FAUST. Filosofia, giurisprudenza, medicina e purtroppo anche teologia ho ormai studiato a fondo, ahimè! con faticoso ardore; ed ora eccomi qui, povero stolto, che ne so quanto prima.
Mi chiamano dottore, anzi professore, e sono già quasi dieci anni che di su, di giù, per diritto e per traverso io meno i miei scolari per il naso; e vedo che proprio nulla ci è dato di sapere! Per poco non ne avrò consunto il cuore!
È vero che ho più senno di tutti gli scipiti dottori, professori, scrivani e preti: io non son tormentato da scrupoli e da dubbi, non ho paura del diavolo e dell'inferno.
 Ma in cambio mi è tolta anche ogni gioia; io non m'illudo di sapere qualcosa di vero, io non m'illudo di poter insegnare qualcosa, per migliorare e convertire gli uomini; io non ho poi né beni, né denaro, né onori, né pompa mondana. Nemmeno un cane potrebbe vivere più a lungo così! Perciò mi son dato alla magia: chissà che per forza e per bocca di uno spirito qualche segreto non mi possa essere svelato, e ch'io non debba più parlare con sudata fatica di quello che non so, e conosca alfine ciò che nell'intimo tiene insieme il mondo, e veda ogni forza creatrice ed ogni seme, e non cavilli più sulle parole."
Johann Wolfgang von Goethe, Urfaust (Il Faust nella sua forma originaria), traduzione di C. Baseggio, UTET, 1955.

lunedì 31 agosto 2015

Sapiosexual

Il "Sapiosexual" non è una nuova moda... fu sperimentato già da Adamo ed Eva quando assaggiarono il frutto della conoscenza e per questo furono cacciati dal finto e noioso giardino dell'Eden per sperimentare il vero significato dell'esistenza.
G.D.

domenica 23 agosto 2015

Il Riccio e la Volpe


“La volpe sa molte cose, ma il riccio ne sa una grande”
 Archiloco, frammento 201, in M. L. West, Iambi et Elegi Graeci, Oxford, 1971

[...] Gli studiosi non si sono trovati d’accordo sulla esatta interpretazione di queste
parole oscure di Archiloco, le quali possono anche semplicemente significare che la volpe con tutta
la sua astuzia, è sconfitta dall'unica difesa di cui il riccio dispone.
 Ma il verso può essere assunto, in senso figurato, a indicare una delle più profonde
differenze che, addirittura, dividono gli esseri umani.
 Esiste infatti un grande divario tra coloro, da una parte, che riferiscono tutto a una
visione centrale, a un sistema più o meno coerente o articolato, con regole che li
guidano a capire, a pensare, a sentire - un principio ispiratore, unico e universale, il
solo che può dare significato a tutto ciò che essi sono e dicono -, e coloro, dall'altra
parte, che perseguono molti fini, spesso disgiunti e contraddittori, magari collegati
soltanto genericamente, non unificati.
 Le persone di questa seconda categoria (volpe) conducono esistenze, compiono
azioni e coltivano idee che sono centrifughe piuttosto che centripete, e il loro pensiero
è disperso o diffuso perché si muove su molti piani, coglie l’essenza di una vasta
varietà di esperienze, senza cercare di inserirli in una visione unitaria, immutabile,
onnicomprensiva, [...]

Isaiah Berlin, La volpe e il riccio, Adelphi, Milano, 2000, pag. 71 e seguenti

giovedì 20 agosto 2015

Perchè filosofeggiare


Il mondo di oggi governato dalla tecnica sembra rifiutare l'importanza dell'introspezione e della filosofia. La conoscenza del "fare" sembra oggi slegata dalla "conoscenza dell'essere". Questo è un errore. chi pensa di saper fare senza dovere saper essere è come un automa di carne. 


Il termine filosofia come è noto deriva dal greco antico φιλοσοφία, traslitterato in philosophía e composto da φιλεῖν (phileîn), "amare", e σοφία (sophía), "sapienza", ossia "amore per la sapienza".

 Dunque la filosofia come campo di studi che si pone domande e riflette indagando sul "senso" dell'essere e dell'agire nel mondo partendo dall'analisi del'attore "l'Uomo". Senza conoscere l'Uomo non si può capire quali azioni esso può compiere. Senza l'introspezione l'azione nel mondo esterno risulta spesso inconcludente se non addirittura dannosa per lo stesso agente, e questo è tanto più vero oggi in un contesto in cui l'evoluzione tecnica e sociale ha creato più potere e più complessità. Oggi, più che mai, conoscere e sapere è importante (alcuni studiosi definiscono la nostra stessa economia come knowledge economy) per potere agire e avere successo.

Si può sparare senza conoscere le caratteristiche di un'arma?
Forse si ma affidandosi al caso. Conoscendo l'arma e il tiratore sicuramente il rischio di fallire o farsi male è inferiore. Come per un'arma conoscere le potenzialità, le caratteristiche e i limiti dell'individuo è un prerequisito essenziale affinché egli possa esprimere pienamente le sue potenzialità.
Conosci te stesso (in greco antico: Γνῶθι σεαυτόν, Gnōthi seautón) è il principio alla base della filosofia.

A cosa ci serve dunque la filosofia?
La filosofia è fondamentale per allenare la mente a trovare le soluzioni migliorie nel qui ed ora.
La filosofia è importante per non essere gabbati da chi vuole proporci false verità.
La filosofia è importante per chi decide di governare, perché chi ignora la filosofia non ha la capacità di poter organizzare una comunità e risolverne i problemi.
La filosofia aiuta a conoscersi e attraverso un processo alchemico (VITRIOL), crea il nuovo nel continuo divenire.

L'amore per la saggezza accende la luce così la soluzione può essere vista.

G. D.

martedì 21 luglio 2015

LA MASCHERA PUSILLANIME

Brian M. Viveros

Biascicanti e funamboliche incongruenze, 
buttate in voli accidentali,
nascondo le verità dietro la maschera.
Impassibili desideri di peccati chiusi nel pensiero,
dietro la maschera,
colmano il vuoto dell'anima,
Il pensiero tabù,
resta sospeso dentro un orologio fermo.
La maschera come un equilibrista,
sul filo dei dei desideri, 
dipinge la sua banale conformità,
agli occhi dei più.

mercoledì 15 luglio 2015

Il senso del ridicolo della vita

L'esistenza, l'universo, la vita, l'amore, l'odio, la passione... tutto è un gioco ridicolo, folle, fine a se stesso e senza senso. 
Quando l'uomo cerca di trovare il senso ultimo dell'esistenza smette di vivere e si chiude in una vana commiserazione della sua stessa natura. 
Vivere assume un senso se si ride al ridicolo gioco dell'esistenza. 
E' allora che il piacere di vivere diventa il senso di Tutto. 
G.D.
 
"Colui che paventa il ridicolo non andrà mai lontano, nel bene come nel male, rimarrà al di qua dei suoi talenti, e quand'anche avesse genio, sarebbe pur sempre votato alla mediocrità."  Emil Cioran, L'inconveniente di essere nati, 1973

giovedì 25 giugno 2015

Le Nozze Alchemiche


"Io invoco il grande Eros, fonte di soave delizia,
santo e puro, e amabile alla vista;arciere alato, desiderio ardente impetuoso,che giochi con gli Dei e i mortali, errante fuoco […]"

Thomas Taylor, trans. (1792) The Hymns of Orpheus, p.189



Al volgere dell’ultima parte di maggio entriamo nel segno astrologico dei Gemelli. I Gemelli nella tradizione misterica occidentale sono associati alla carta degli Amanti nei tarocchi. Le immagini tradizionali di questa carta mostrano una coppia che sta in piedi sotto Eros in una cerimonia di unione.
L’Amante e la Stella, rappresentano l’uno l’affettività e l’altro la speranza, come se questi due valori fossero il perno attorno al quale gravitano tutti gli altri, messi in campo dall’abbinamento degli altri arcani maggiori.

     Un giovane uomo è al centro del VI arcano, vestito di una tunica a bande verticali azzurre, rosse e gialle. Due donne lo affiancano: alla sua sinistra una donna bionda avvolta in un abito azzurro e in una cappa azzurra dai bordi rossi dirige la mano sinistra verso il petto del giovane, mentre la palma dell’altra mano si volge verso il basso.

     A destra dell’amante una donna vestita di un abito rosso a grandi maniche azzurre, coi capelli azzurri sormontati da una specie di pettinatura o corona gialla posa la sua mano destra sulla spalla destra del giovane e apre l’altra in direzione del terreno.


     La prima delle due donne è seducente, la seconda, dal lungo naso, ha l’aspetto severo e senile, ma è lei che il giovane guarda. Sopra di lui, un Cupido dalle ali azzurre è al centro di un cerchio solare dai raggi azzurri, gialli e rossi; tiene in mano un arco e una freccia bianca che dirige verso i due giovani.

Le interpretazioni della'arcano appaiono numerose: l’amante esprime la scelta giudiziosa e difficile a farsi; il libero arbitrio, il contraccolpo traumatico; l’accordo o il disaccordo; la prova, la determinazione della volontà; l’esame e l’incertezza; la tentazione pericolosa.

Gli Amanti rappresentano il fondamentale desiderio umano di un’unità con quello che non è il proprio Sé; ma per fare questo abbiamo ben bisogno di unire le disparate parti di se stessi. Così come un’unione esteriore, gli Amanti possono rappresentare un’unione interiore tra l’ego, la parte di noi stessi che pensiamo come “me”, e il Sé più profondo che comprende tutto ciò che siamo, sia il bene che il male.

Ma questo arcano rappresenta anche i valori affettivi e la proiezione della doppia immagine che l’uomo ha della donna. Non una semplice femmina ma la Venere dei crocicchi, ispiratrice di amore carnale o platonico, che non cessa di rivestire forme molteplici di fronte alle quali l’uomo esita perché in fondo non conosce se stesso. 

      L’uomo, sia che nasconda un conflitto inespresso, sia che esiti di fronte ai termini di un conflitto che sta emergendo, deve prima di tutto realizzare la presa di coscienza esauriente degli elementi che lo lacerano, poi la loro ricerca obbiettiva, cioè l’accesso a una posizione che lo renderà indipendente nei loro confronti.


     Solo a questo punto, è possibile una sintesi costruttiva: tale è la dialettica fondamentale di ogni progresso della coscienza. E tale è una delle lezioni simboliche date dagli amanti, portatori dell’ego affettivo di fronte al quale si pongono e nel quale si risolvono tutte le nostre scelte.

Lo scopo della ricerca spirituale è trovare noi stessi, chi e cosa in realtà noi siamo la strada nel labirinto interiore, il V.I.T.R.I.O.L. (Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem) della ricerca alchemica. Ciò si può ottenere evolvendo verso la ricerca di noi stessi tramite l'unione con figure "risonanti" con il nostro Sè. Gli Amanti dunque simboleggiano l’auto-accettazione e il viaggio verso la nostra essenza interiora (occultum lapidem). 

Auto-accettazione non significa non voler cambiare e crescere. Possiamo accettare quello che siamo e contemporaneamente evolvere e crescere, in armonia con la nostra vera natura interiore.

Per conseguire le nozze alchemiche (interiori) dobbiamo attraversare l’insidioso passaggio tra quelli che Jung chiamava Scilla e Cariddi del rigonfiarsi dell’ego – pensare che siamo più importanti e speciali di quanto siamo; e del suo sgonfiarsi – credere che siamo guasti e inferiori agli altri. Scilla e Cariddi appaiono nei canti dell’antico poeta greco pagano Omero ed erano una secca rocciosa e un gorgo sulle coste opposte dello stretto di Messina, tra la Sicilia e l’Italia continentale. Occorreva coraggio e abilità per navigare fra di essi senza schiantarsi sulle rocce di Scilla o essere risucchiati nelle profondità marine di Cariddi. Nel nostro viaggio spirituale anche noi dobbiamo navigare attraverso questo insidioso passaggio; una via di mezzo, tra l’accettazione di noi stessi per come siamo, senza dover essere trascinati a pensare di essere migliori o peggiori degli altri. Dobbiamo “unire in matrimonio” questi due aspetti – inferiorità e superiorità – finché alla fine ci vedremo per ciò che realmente siamo.

Il matrimonio interiore è dunque la trasmutazione alchemica del piombo alla base della personalità nell’oro spirituale. Jung definisce questo processo come “individuazione”, cioè il superamento delle false immagini di noi stessi create dall’ambiente, dalle immagini proiettive dei nostri genitori, insegnanti, amici e amanti. Svelando il volto dietro la maschera protettiva che mettiamo per affrontare il mondo per  affrontare l’Ombra, interiore (Interiora Terrae). Per fare cioè occorre ottenere la consapevolezza di quegli aspetti di noi stessi che abbiamo proiettato sugli altri. Questa presa di coscienza non è sempre indolore e può causare cambiamenti anche difficili delle relazioni.  Possiamo scoprire che gli altri non sono le persone noi pensavamo di essere. A volte scopriamo che le relazioni e le attività che ci soddisfacevano in passato non sono più appropriate per lo stadio successivo del nostro viaggio. Dobbiamo tornare indietro e ricominciare.

Occorre riconoscere l’ambiguità della carta degli Amanti. La divinità che la presiede, Eros o Cupido, tiene nelle sue mani un arco curvo e appuntito. L’amore è inevitabilmente doloroso e porta con sé la paura di perdere ciò che abbiamo. È una naturale tendenza umana cercare rifugio nella sicurezza di ciò che conosciamo. 

Noi temiamo l’ignoto e il cambiamento. Ma se confidiamo nel processo di cambiamento interiore, se lo attraversiamo e andiamo oltre, scopriamo di essere più grandi e più ricchi di quanto pensavamo.

Gli Amanti possono simboleggiare il nostro amore verso qualcosa di più grande e più profondo che ci porta oltre i nostri desideri e i nostri interessi personali: il piombo diventa oro.

Fonti:
–Carl G. Jung (1916/1928/1935). The relations between the ego and the unconscious. In C. G. Jung (1966 ed.), The collected works of C. G. Jung, vol. 7. London: Routledge & Kegan Paul. p. 178; para. 275.

- http://www.patheos.com/blogs/viviannecrowley/2013/05/the-alchemical-marriage/
- http://www.cumpagniadiventemigliusi.it/Eptagramma/EPTAGRAMMA.htm