Con la tragedia di Abele non è il fratello di Caino che viene assassinato, bensì sotto i colpi sono l'intruso e la donna che cadono uccisi.
Nel testo ebraico, mentre sono sufficienti quattro parole per dire della nascita di Abele, ne vengono usate ben undici per quella di Caino.
Abele si dice, in ebraico, HEVEL, che significa "vapore, nebbia". Ma il senso profondo del nome supera di gran lunga la semplicistica traduzione letterale.
Poiché fu pastore di greggi, di bestiame minuto; alcuni ricercatori, diciamo, “dilettanti”(tipo il Dhorme) fanno di Abele il simbolo della vita pastorale, in origine contrapposta a quella agricola. Troppo poco, troppo poco davvero.
Alla luce della Kabbala sappiamo, invece, che Abele si scosta da Caino per ragioni di fondo primarie.
La differenza fra i due fratelli è nei Principi - maschile e femminile - o, più precisamente, nella loro amalgama Vi è troppo del principio maschile nell'uccisore e troppo di quello femminile nell'ucciso.
Caino non poteva sapere che la creazione sussiste solo grazie alla giusta complementarietà di questi due Principi ancestrali, del maschio e della femmina.
Senza Abele, Caino non è più nulla. Dopo la morte del fratello continuerà, certo, a vivere, ma come privo dell'anima.
Altrove - in altra letteratura - sulla strada che mena a Tebe troviamo Edipo e la Sfinge; qui abbiamo Abele e Caino.
È sufficiente confrontare la grafia ebraica dei due nomi - Qayin (Caino) ed Hevel (Abele) - per renderci conto del profondo contrasto.
Tratto da: Grad. A. D., "Iniziazione alla Kabbala ebraica", MEB editore