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sabato 18 giugno 2011

Dissertazione... così: "Zero, dal nulla all'Infinito".

Dissertazione... così: "Zero, dal nulla all'Infinito".

S crive Laotse, nel Tao Te King, uno dei grandi libri dell’Antica Cina:
"...Lo guardi e non lo vedilo ascolti e non lo sentima se lo adoperi è inesauribile…"
La sua è la descrizione del Tao, dell’Assoluto, ma son parole che ben si adattano alla presentazione dello Zero, del Niente, un numero speciale, che richiede un’attenzione particolare. È, infatti, un numero che ci porta oltre la matematica, verso concetti quali il Nulla e l’Infinito.


Secondo la sua definizione “enciclopedica”, lo Zero (0) è il numero che precede Uno (1) e gli altri numeri interi positivi e segue i numeri negativi (visione, questa, squisitamente profana, ma che, come vedremo, apre ad un’interpretazione esoterica ben diversa). Nell’accezione comune, Zero significa anche: niente, nullo, vuoto o un'assenza di valore.
Il numerale o cifra zero si usa nei sistemi di numerazione posizionali (quale il nostro), quelli cioè in cui il valore di una cifra dipende dalla sua posizione.
Attorno al 300 AC, i Babilonesi iniziarono a usare un semplice sistema di numerazione in cui impiegavano due cunei pendenti per marcare uno spazio vuoto. Comunque, questo simbolo non aveva una vera funzione oltre a quella di segnaposto. Sembra infatti che l'origine del segno O sia da attribuire alla forma dell'impronta lasciata sulla sabbia da un ciottolo tondo (o gettone) dopo essere stato rimosso (e quindi mancanza del numero). L'uso dello zero come numero in sé è una introduzione relativamente recente della matematica, che si deve ai matematici indiani.
Un primo studio dello zero, dovuto a Brahmagupta, risale al 628.
Gli arabi appresero dagli indiani il sistema di numerazione posizionale decimale, e lo trasmisero agli europei durante il Medioevo (perciò ancora oggi in Occidente i numeri scritti con questo sistema sono detti "numeri arabi").
Essi chiamavano lo zero sifr: questo termine indicava un venticello caldo che spirava in particolari periodi dell'anno.
Fu in particolare Leonardo Fibonacci (Leonardo Pisano) a far conoscere la numerazione posizionale in Europa: nel suo Liber Abaci, pubblicato nel 1202, egli tradusse sifr in zephirus; da questo si ebbe zevero e quindi zero. Anche il termine "cifra" discende da questa stessa parola sifr.
La conquista dello Zero, nella storia della matematica, e il suo riconoscimento al rango di numero non fu facile e trovò molte resistenze. Lo Zero, infatti, non è indispensabile nell’aritmetica più elementare: i romani e i greci, ad es., ne fecero a meno, e fino al Medioevo lo zero venne usato in modo impreciso e con molta circospezione. In fondo, usare lo zero implicava l’ammissione dell’esistenza del Nulla, cosa non semplice. Scrive Geymonat:
“Tutti siamo convinti di poter parlare sensatamente del “nulla”, di intenderci fra noi allorché usiamo questo termine […] esso deve avere per noi un significato ben determinato. Proprio questo fatto però, che esso significhi qualcosa, che denoti un’effettiva realtà, sembra particolarmente ripugnante al pensiero comune”.
D'altra parte, se rappresenta il Nulla, si potrebbe ritenere, a torto, che non sia così essenziale come gli altri numeri. Ecco perché lo Zero, al di fuori della matematica in particolare, resta un numero imbarazzante e ancora oggi lo si usa a fatica. Altrimenti come si spiegherebbe che sugli ascensori raramente il piano terra viene indicato con il numero 0 e si usa invece R o T e le pubblicazioni partono dall'1, lasciando lo 0 per un eventuale numero di prova? E perché sulla tastiera del computer o quella del telefono: i numeri sono tutti in ordine dall'1 al 9, mentre sul computer lo 0 segue il 9, e sul telefono viene collocato in basso, separato dagli altri numeri? Lo Zero evidentemente continua ad imbarazzarci. Tutti sappiamo che dovrebbe precedere l'1, ma è più sicuro tenerlo a parte, isolato.
L’analogo, o se preferite la rappresentazione geometrica dello zero è ovviamente il Punto, che Euclide definiva appunto come ciò che non ha parti, o in altre parole, secondo una terminologia più “moderna”, senza dimensioni.
L’intera geometria euclidea, infatti, è costruita a partire dagli “evanescenti” punti; il che crea qualche imbarazzo, visto che enti geometrici che “non hanno parti” (i punti) possono benissimo essere “le parti” di altri enti geometrici (spazi e figure), che hanno dunque parti.
Ecco perché, da un punto di vista Esoterico, lo Zero e il Punto (sua rappresentazione geometrica) sono «simboli» che ci portano oltre…, verso concetti quali il Nulla e l’Infinito, in altre parole verso Dio.

Per comprendere questo è necessario osservare la figura n. 1 (a lato).
Abbiamo detto che il punto è un ente geometrico «senza dimensioni » e corrisponde allo 0, ossia l’assenza di «valore numerico».
Ma la definizione di retta, come tutti sappiamo, è quella di un «insieme infinito di punti», la retta, quindi, per esistere ha bisogno del punto.
Anche le altre figure geometriche, bidimensionali e tridimensionali, non potrebbero esistere senza il punto, essendo da questo a loro volta formate e composte.
Possiamo quindi osservare la «potenza» del punto, che pur non avendo dimensioni dimensione zero), è l’elemento fondante di qualsiasi figura nelle tre dimensioni conosciute.

Lo stesso discorso vale per il numero Zero. Guardiamo insieme la figura n. 2 (a seguire) : lo Zero è il «numero/non-numero» grazie al quale esistono gli altri numeri, essendo il punto di partenza, la scaturigine, oltre che la demarcazione, dei numeri positivi e di quelli negativi.

Non solo, ma se provate a mettere lo Zero davanti una cifra qualsiasi esso la riduce dividendola per 10, mentre se lo aggiungete alla destra della cifra, esso la moltiplica per 10. Insomma, per essere un sinonimo del “Nulla”, lo Zero ha davvero una potenza inimmaginabile.
Un grande storico della matematica moderna, Karl Menninger scrive:
«…Che tipo di folle simbolo è questo [lo zero] che significa proprio il nulla? Se è nulla, allora dovrebbe essere nulla e basta. Ma qualche volta è nulla e qualche altra volta è qualcosa… …Così ora zero diventa qualcosa, qualcosa di incomprensibile ma potente, se pochi “nulla” possono mutare un piccolo numero in uno grandissimo. Chi può capire questo?».
Ian Stewart, scienziato e matematico, invece scrive:
«… Nulla è più interessante del nulla, nulla è più intrigante del nulla e nulla è più importante del nulla. Lo zero è uno degli argomenti preferiti dai matematici, un autentico vaso di Pandora, per curiosità e paradossi…».
Per concludere, ragionare sullo Zero e sul Punto, insegna a noi Iniziati che:
«il Nulla è Tutto, e Tutto è il Nulla. Tutto esiste grazie al Nulla e Nulla esiste senza il Tutto».
E per adesso è Tutto…

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