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sabato 4 giugno 2011

Il vuoto e la realtà secondo la Cabalà.

Il rabbino polacco del XVII secolo Israel ben Eliezer meglio noto come Ba'al Shem Tov riferendosi alla dottrina cabalistica del Tzimtzum diceva che;
“Dio, l’Illimitato, ha attualizzato la limitazione e ha posto in Se stesso il “luogo” per crearvi i mondi”
 Il termine Tzimtzum può essere tradotto con “ limite” o “contrazione". Ce ne parla per primo Isaac Luria rabbino cabalista del XVI secolo per specificare il mistero divino da cui origina la creazione. Secondo la dottrina del Tzimtzum, Dio ritrasse la Luce da una parte di Se stesso generando il vuoto per consentire l’espansione dei mondi e far si che le anime, gli angeli e il mondo fisico potesse esistere.
Tale concezione ha degli interessanti parallelismi con quanto sostenuto dalla moderna fisica quantistica che ci dice chela materia è composta prevalentemente di vuoto e che le stesse particelle non sono entità materiali nel senso che comunemente intendiamo ma sono entità energetiche non determinate e probabilistiche. La scienza noetica ritiene che le “particelle” subatomiche siano in realtà intenzioni, dunque pensieri, costruzioni della mente che diventano determinate solo quando le si ritiene tali.
Per  la Cabalà, Dio, l’Uno assoluto, non ha "parti" è Infinito quindi comprende tutto anche ciò che a noi sembra separato ma che in realtà  sono solo forme apparenti che non si distinguono dalla indivisibile e infinita realtà universale dell’Uno.
Il “luogo” da cui é stata ritratta la Luce perché fosse creato uno spazio per la creazione di tali forme, ma non è cosa scissa dall’Uno.
Dio è dunque paradossalmente concepito come sia trascendente che immanente. Nello Tzimtzum, tale paradosso si riferisce ai seguenti aspetti:
  • Dio ha dovuto “restringere” la sua infinità ritraendo la sua Luce, poiché se non l’avesse fatto l’universo sarebbe stato schiacciato dalla sua totalità e la creazione non sarebbe stata possibile, in tal senso Dio è trascendente;
  • Dio deve comunque mantenere la sua presenza in tutte le cose che senza Dio non potrebbero esistere. Dio è dunque immanente.
 Il rabbino Schneur Zalman of Liadi ci dice:
La forza vitale Divina, che porta all’esistenza tutte le creature, deve essere costantemente presente al loro interno, per ricrearle e rivivificarle continuamente. Se tale forza vitale venisse a mancare anche per un solo attimo diverrebbe nulla come prima della creazione dell’universo”.
Nella Cabalà il vuoto primordiale si manifesta in Malchut  e diventa  il “ luogo del mondo”. La Luce divina, ritirandosi, ha lasciato nel vuoto il suo “sacro seme” da cui si generano tutte le cose create che costituiscono l’universo.
Dunque ogni cosa dell’universo grande o piccolo è creata ad immagine del cosmo intero; tutto è Uno.
Ogni cosa creata é vuoto vivificato dalla “scintilla divina”, cosi come per la fisica la materia è vuota ed esiste per via di particelle-energia.
In fisica l'Energia di vuoto è un'energia presente in stato latente nello spazio ed è legato ai vorticosi fenomeni di creazione e annichilazione di particelle che si verificano quando si cerca di osservare il vuoto a delle distanze estremamente piccole in cui gli effetti quantistici entrano in gioco in modo decisivo. L'energia del vuoto provoca l'esistenza di tutte le forze fondamentali .
Tale energia può essere vista come il “sacro seme” di Dio che è nascosto nel vuoto di tutto ciò che è creato.
L’intera esistenza e ciò che noi percepiamo come realtà sarebbe dunque un “miraggio” nel vuoto cosmico e dentro la mente di Dio che è l’Uno.
Gli archetipi sarebbero  “simboli” di verità eterne nella mente di Dio.   
La Cabalà definisce, infatti, il creato come Habel con il significato di “vanità” o “illusione” ,
Nel Qoèlet della Bibbia dice:. [I,2] si dice che Salomone esclamò:
“Vanità delle vanità!Ttutto è vano!”.
Lo Zohar Shemoth 10b commenta tale esclamazione:
“In questo libro il re Salomone ha parlato delle sette vanità (Habalim) su cui poggia il mondo; esse sono le sette colonne (sefirotiche dell’Edificio Cosmico) che sorreggono il cosmo nei suoi sette cieli (che da esse derivano), Vilon, Rakija, Sbecbakim, Sebul, Ma’on, Machon, Araboth (nonché nei loro sette effetti terrestri o "sette terre" e infine anche nelle loro tenebre infere o "sette inferni"). E appunto nei confronti di questi che Salomone ha esclamato: "Vanità delle vanità!... Tutto è vano!”. Esistono sette cieli o firmamenti e altri (più profondi piani esistenziali) che (essi pure con una divisione settenaria) derivano da quelli e con essi rimangono uniti, sicché si danno sette vanità (fondamentali) e altre ancora che derivano da esse (e tutte insieme formano la “grande illusione” del “secondo”; in realtà, dell’‘Uno senza secondo”).Nella sua saggezza, Salomone ha parlato di tutte queste illusioni (nonché dei loro archetipi e cause, cioè delle sette Sephirot dell’Edificio Cosmico”.

 Le sette Sephirot cosmologiche sono i principi primordiali della “grande illusione “, sono le vanità. Esse sono illusioni, nel senso di possibilità (e anche qui è possibile un collegamento con la fisica quantistica) o potenziali della creazione, che trasmettono l’illusione dell’ “altro”.
Leo Schaya ci fa notare che:
“L’Ecclesiate (Qoèlet) dice che la vanità si trova “ sotto il sole”, cioè sulla terra. Il sole, infatti, e l’immagine di Tiphereth che unifica in se stessa le sei Sephiroth attive; la “ terra”, invece, è il simbolo di Malchuth, la Sephirah ricettiva e sostanziale dell’Edificio Cosmico: soltanto in essa, cioè nella inabitazione di Dio, si forma, perdura e svanisce l’illusorio “miraggio” del cosmo”. 2
A riguardo lo Zohar Tikkune dice:
“Per questo al principio della storia della creazione (nella Sacra Scrittura) si parla soltanto di Elohim (“Dei", indica l’unita del potere creatore immanente), che indica la Shechinah (immanenza di Dio, mentre non si fa menzione di JHVH, cioè della trascendenza divina). Tutto ciò che è stato creato, dalle Chajoth e dai Seraphim (gli angeli superiori) fino al più piccolo verme della terra, vive in Elohim e in virtù di Elohim. La creazione è l’opera della Shechinah, che si prende cura di essa come una madre dei propri figli”.
L’universo è dunque illusorio esternamente ma internamente è reale poiché contiene Dio.
La creazione è illusione dell’esistenza di “altro”, ma intimamente è Uno.
E’ allo stesso tempo illusione di pienezza e essenza di vuoto, parvenza transitoria  ed essenza eterna. Lo stesso vuoto è ritrazione della Luce ma non di Dio che è Eterno Nulla. Allo stesso modo la fisica ci dice che la materia è illusione di pienezza ma che è essenzialmente vuota, ci dice che esiste ma allo stesso tempo è nulla.
La “vanità” delle cose consiste sostanzialmente nella loro vuotezza, che si tramuta illusoriamente in sostanza e corpo. Tale vuoto è però anche specchio che riflette l’essenza del reale. Tale specchio è composto dalle espressioni simboliche degli archetipi eterni, che come in Platone sono ponti verso la realtà vera dell’Uno.

(di Gandolfo Dominici)

Note e Fonti:
1 - The Tanya of Rabbi Schneur Zalman of Liadi, spiegato da Rabbi Yosef Wineberg, Kehot Publication Society (http://www.chabad.org/library/tanya/tanya_cdo/aid/7988/jewish/Chapter-2.htm)
2- Leo Shaya – L’Uomo e l’Assoluto second la Cabala – Rusconi – 1999 – p.86 
- Rabbi Moshe Miller, The Great Constriction, kabbalaonline.org