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domenica 15 maggio 2011

Considerazioni sul "DE UMBRIS IDEARUM" di Giordano Bruno

Gli ermetisti neoplatonici come Marsilio Ficino e Pico della Mirandola credevano che le idee fossero modelli eterni ed immutabili.
Il mondo reale secondo tale dottrina è frutto di una “progressiva emanazione”: le idee divine si riverberano nelle corrispondenti immagini e forme nello spirito del mondo, e da questo esse sono di nuovo riflesse nelle forme materiali.
Questo pensiero comporta una “visione”, cioè una rappresentazione mentale dello sviluppo ideale.

Giordano Bruno conosceva tali principi e li fece suoi uniformandoli con l’arte di cui era maestro: la mnemotecnica.
L'esperienza ermetica della riflessione dell'universo nella mente è, infatti, alla base di tale tecnica “magica”, che rispetto alla mnemotecnica classica, basata su luoghi e immagini, viene concepita come un sistema per conseguire l'esperienza spirituale, attraverso l’impressione nella memoria di immagini archetipe, “magicamente” attivate.
Servendosi di immagini archetipe come di immagini mnemoniche, l’iniziato a tale tecnica mirava a conseguire la conoscenza e poteri universali sulla materia, che derivavano dalla comprensione e dalla sintonia con le sfere più elevate del cosmo.
Fissando indelebilmente nella mente tali immagini, secondo Bruno, si otteneva il riflesso mentale dell'intero cosmo, acquisendo un enorme potenziamento della memoria e dell’intelletto.

Nel De umbris idearum, pubblicato a Parigi nel 1582 e dedicato ad Enrico III, Bruno fa espresso riferimento ad Ermete Trismegisto. Bruno riteneva, infatti, che l’antica religione egiziana fosse alla base delle religioni solari, tra cui il cristianesimo: il culto del sole (Amòn-Ra), altro non era infatti che  ideale rappresentazione della fonte di Luce dell'Intelletto.
Egli crea le sue immagini ricavandole direttamente dalla tradizione ermetica di Teucro Babilonese e Cornelio Agrippa, rigettando l’iconografia della classicità greca.
Le sue figure sono “immagini stellari”: cioè prototipi delle idee eterne.
Le immagini raffigurate nel De umbris idearum sono:
36 decani;
49 figure planetarie;
28 posizioni lunari;
1 dragone lunare;
36 figure collegate all’oroscopo

Nella narrazione del De Umbris Idearum Ermete, Filotimo e Logifero intavolano un dialogo. Ermete equipara al Sole l’Arte che sta per esporre. Al sorgere del Sole, le creature della notte si danno alla fuga, così come dinnanzi alla scienza mnemonica fuggono gli esseri impuri.
Ermete asserisce la possibilità di “illuminazione dell’arte”.
“ […]  infatti sai bene che il sole è lo stesso e l'arte è la stessa. Lo stesso sole innalza all'onore le gesta dell'uno, conduce al biasimo le azioni del l'altro. Per la sua presenza si rattristano i barbagianni notturni, il rospo, il basilisco, il gufo, esseri solitari, notturni e sacri a Plutone, invece smaniano il gallo, la fenice, il cigno, l'oca, l'aquila, la lince, l'ariete e il leone. Al suo stesso sorgere quelli che operano nelle tenebre si raccolgono nelle tane, ma l'uomo e gli animali diurni escono per la loro opera.”
 Tale “Arte” si fonda su una filosofia pensata da un “intelletto che non erra” (secondo tale dottrina, infatti, la mnemonica è in grado di creare tale perfezione nella mente umana).
Filotimo domanda allora ad Ermete:
“Per quale motivo, o Ermes, parli fra te? Qual è mai il libello che hai tra le mani?”
ed Ermete risponde:
“E' il libro "Le ombre delle idee", raccolte per una scrittura interna; sono incerto se debba essere pubblicato oppure continuare a rimanere nelle stesse tenebre in cui un tempo è stato nascosto.”
Ermete é dunque incerto se svelare il contenuto dell’opera, di cui non conosce l’autore. Non sa se l’umanità sia meritevole di tale straordinaria conoscenza, se tale conoscenza debba essere riservata a pochi meritevoli o concessa a tutti.
Filotimo asserisce che nessuna grande opera può compiersi se non divulgando la conoscenza.
“ […] La provvidenza degli Dèi (lo dissero i Sacerdoti egiziani) non smette di mandare agli uomini alcuni Mercuri in certi tempi stabiliti, benché sappiano in anticipo che questi non saranno accolti per niente o saranno male accolti. Né l'intelletto, come anche questo sole sensibile, cessa d'illuminare continuamente per il motivo che né sempre né tutti ce ne accorgiamo.”
Interviene allora Logifero:
“Io sarei facilmente d'accordo con quegli stessi che pensassero che le cose di tal genere non devono essere affatto divulgate: sento che Filotimo ha dubbi a questo proposito; però se avesse ascoltato con le sue orecchie quelle cose che abbiamo sentito noi, certamente le getterebbe sul fuoco per bruciarle, anziché farle pubblicare. Infatti queste fin qui hanno recato al loro maestro una messe non propizia; ora ignoro cosa mai si possa sperare per il futuro; infatti, tranne pochissimi che già da sé possono capire queste cose, per niente potranno dare un giudizio obiettivo sul le cose stesse.”
Filotimo si oppone e ricorda l’esortazione iniziale dello scritto in mano ad Ermete: “non si occupi dell’arte chi non é in grado di capirla”. La mnemotecnica va utilizzata su se stessi, serbando nella mente le immagini. Le parole cosiddette logiche, possono solo nuocere alla messa in opera dell’Arte. La razionalità senza immaginazione è inutile ai fini della Conoscenza.
Appare qui evidente che Filotimo é lo stesso Bruno in perenne contrasto con i razionalisti impersonati da Logifero.
Gli umanisti incatenati a schemi grammaticali sono, per Bruno, stolti e pedanti e colpevoli della stagnazione della scienza ufficiale su pregiudizi, frutto della loro pigrizia mentale.
Ermete consegna a Filotimo (Bruno) il, libro con i principi della nuova filosofia. Ermete svela che il libro che ha tra le mani è opera sua,  ed è un trattato di magia, che include elementi provenienti dalla religione solare egiziana, con una visione “copernicana” quale metafora del “sole-intelletto”.
Il Sole  per la religione egiziana è rappresentazione visibile del vero Sole presente in ogni uomo che gli iniziati all’”Arte” potranno riconoscere come tale.
Il libro continua poi con precisi compendi: 30 “intenzioni sul modo di ricevere la luce della divinità grazie alla preparazione della volontà alle “ombre delle idee”, cioè le raffigurazioni archetipe con potere magico descritte successivamente. Le intenzioni si richiamano a conoscenze cabalistiche e alla simbologia del cantico di re Salomone.
Il testo riporta dunque il disegno di una ruota, divisa in trenta “settori”, contrassegnati con lo stesso numero di lettere. In  ogni settore è posta ognuna delle intenzioni. Tutte le intenzioni confluiscono verso centro, verso il Sole-intelletto.
La raffigurazione della ruota è derivata dalla tradizione ermetico-cabalistica, che erige l’arte della memoria su di uno schema a ruota, contraddistinto appunto da lettere rappresentanti gli attributi di Dio ai quali Bruno sostituisce le intenzioni.

Il libro prosegue con l’elencazione di 30 “concetti di idee,  summa di elementi derivanti dalla dottrina neoplatonica e tra cui si rivengono intere frasi prese in prestito dal “De vita coelitus comparando” di Marsilio Ficino.
Seguono 18 capitoli che illustrano i  principi della tecnica della memoria, e spiegano la necessità di imprimere nella memente le “immagini” .
Il libro si conclude con le 36 immagini fondamentali e con la loro susseguente concatenazione, per un totale di 150 immagini.

Il lavoro dell’iniziato alla mnemotecnica consiste nel sentire tali figurazioni come simboli-ponte per raggiungere la comprensione delle idee divine seguendo un processo di elevazione verso Dio.
Le idee creano il mondo, se l’uomo riesce ad arrivare all’“iperuranio” dove sono le idee e da li all’origine di queste, li da dove Tutto emana da Uno, allora egli potrà essere partecipe della forza creativa di Dio.
L’obiettivo della mnemotecnica è dunque la trasformazione dell’uomo in essere divino.

Bruno non vuole, dunque, solamente realizzare una tecnica più avanzata di memorizzazione, ma sviluppare e diffondere una dottrina che portasse all’elevazione dell’umanità.
Egli è uno dei grandi “rinnovatori” della tradizione ermetica riproposta a partire da Ficino. Rispetto a quest’ultimo peròBruno propone una visione molto più radicale, andando oltre il compromesso ficiniano tra ermetismo e dogma cattolico, e fu questo che lo portò sul rogo. L’uscita di Bruno dai confini del cristianesimo sarà poi ancora più evidente nel “Canto Circaeus” pubblicato un anno dopo il De Umbris.

L’eresia di Giordano Bruno sta principalmente in questo, nella volontà dell’iniziato di raggiungere la Conoscenza del divino per diventare Uomo, e come Uomo essere Dio. Lo stesso “peccato” che portò alla cacciata di Adamo dall’Eden e Prometeo al supplizio, portò Bruno sulla pira della “santa” inquisizione.  

di Gandolfo Dominici

Fonti: 
- La Porta G. - Giordano Bruno - Bompiani - 2010
- Kremmerz G. - Il mondo segreto - Mediterranee- 1986
- Giordano Bruno - De umbris idearum. Le ombre delle idee - Di Renzo Editore - 2004
- Uliana S. - Il De umbris idearum di Giordano Bruno. Commento integrale - Aracne - 2005
- http://www.scribd.com/doc/31869418/De-Umbris-Idearum-Definitivo-In-Italiano
- http://www.filosofico.net/ombre.htm