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domenica 8 maggio 2011

"Uno il tutto". Il drago Uroboros. (Di J. Evola)

Se la condizione del ritorno ad una sensazione animata e “simbolica” di ciò che per gli uomini moderni si é impietrato in termini di morta natura e di concetti astratti sopra di essa, è realizzata, ne deriva ad un tempo il primo principio dello stesso insegnamento ermetico.
Questo principio è l’Unità. La formula che vi corrisponde, la troviamo già nella Crisopea di Cleopatra :  “Uno il Tutto – “εν το παν”, da associarsi a “Il Telesma, il Padre di tutte le cose, è qui” della Tabula Smaragdina. Difatti qui non si tratta di una teoria filosofica (ipotesi della riducibilità di tutte le cose ad un unico principio), ma di uno stato determinato, dovuto a una certa sospensione di quella legge di dualità fra Io e non-Io e fra “dentro” e “fuori” che, salvo rari momenti, domina la comune, più recente percezione della realtà. Questo stato è il segreto di ciò che nei testi ha il nome di “Materia dell’Opera” o “Materia prima dei Saggi”, inquantoché solo partendo da questo stato e possibile “estrarre” e “formare”, “secondo il rito” e “l’arte” – τεχνίκώς - tutto ciò che, sia in sede spirituale, sia in sede di applicazione operativa (“in sede magica”), la tradizione promette.
L’ideogramma alchemico di “Uno il Tutto” è  “O” , il cerchio: linea o movimento che si conchiude in se stesso, e che in se stesso ha principio e fine. Ma questo simbolo, nell’ermetismo esprime l’universo e, simultaneamente, la Grande Opera.
 Nella Crisopea, esso prende anche la forma di una serpe — Uroboros — che si morde la coda, recando nello spazio centrale del circolo, che cosi crea, l’εν το παν. Nello stesso palinsesto si trova un altro pentacolo formato da due anelli, e quello interno reca la scritta:
“Una é la serpe, quella che ha il veleno, secondo il doppio segno – είς εστιν ο οψις ό έχων τον ίον μέτα δύο συνθέματα -, e quello esterno:
“Uno è il tutto, e per suo mezzo il tutto e verso di lui il tutto: se il tutto non contenesse il tutto, il tutto sarebbe nulla”.
Questo “tutto” è stato detto anche caos (il “nostro” caos), ed uovo – ώον πρωτογονον - perché comprende in modo indistinto le potenzialità di ogni sviluppo o generazione: dorme nel profondo d’ogni essere e come “mito sensibile” - per usar l’espressione di Olimpiodoro - si dispiega nella molteplicità caotica delle cose e delle forme sparse quaggiù, in spazio e tempo. Peraltro la linea conchiusa “O” di Uroboros comprende anche un altro significato: allude al principio della “chiusura” o “suggello ermetico” che, metafisicamente, esprime essere, a questa tradizione, estranea l’idea di una trascendenza unilateralmente concepita. Qui la trascendenza è concepita come un modo d’essere compreso nella “cosa una”, la quale “ha duplice segno”: e se stessa, ed e anche il superamento di se stessa; è identità e simultaneamente veleno, cioè potenza di alterazione e di dissolvimento; e ad un tempo principio dominante (maschio) e principio dominato (femina) – κρατουσα καί κρατουμένη - e quindi “androgine”.
Una delle più antiche testimonianze ermetico-alchemiche è la sentenza che Ostano avrebbe dato come chiave dei libri del1’”Arte” lasciati allo pseudo-Democrito:
“Natura gode nella natura, natura vince la natura, domina la natura”.
Ma Zosimo, parimenti: la natura “fascina (τέρπέί), vince e domina natura”  e aggiunge: “Dai sulfurei i sulfurei sono dominati e rattenuti” - principio, che diverrà un motivo ricorrente negli ulteriori sviluppi della tradizione, dalla Turba Philosophorum  in poi.
Procede da ciò tutta una serie di espressioni simboliche, ad indicare l’assoluta autosufficienza dell’unico principio ad ogni “operazione”: padre e madre a se stesso, di se stesso è figlio, da sé si dissolve, da sé si uccide e da sé si da nuova vita.“Cosa unica che contiene in sé quattro Elementi ed ha dominazione su di essi”, la “Materia dei Saggi”, detta anche la loro “Pietra”, “contiene in sé ogni cosa di cui abbiamo bisogno. Si uccide da sé e poi da sé si risuscita. Sposa se stessa, impregna se stessa, si risolve da se stessa nel suo proprio sangue”.
Peraltro, si deve sempre tener presente quanto gia dicemmo: non si ha a che fare con un concetto filosofico, ma col simbolo di una assunzione della natura sub specie interioritatis, la quale porta di la dall’antitesi fra materiale e spirituale, fra mondo e supermondo. E cosi che Zaccaria può
dire:
“Se dichiariamo spirituale la nostra materia, é vero; se la dichiariamo corporea, non mentiamo. Se la diciamo celeste, é il suo nome vero. Se la diciamo terrestre, parliamo con esattezza”.
L’ “uovo”, che è imagine del mondo, nei testi alchemici ellenistici è detto λίθον το ου λίθον , e il Braccescoesplicita:
“Questa cosa è pietra [cioé forma, corporeità, tangibilità] e non é pietra, si trova in ogni luogo, ella è cosa vile, et preciosa, occulta et da tutti conosciuta”.
“E’ un caos o spirito sotto forma di corpo [il cosmos, la natura sensibile] e tuttavia non è corpo”.
In sintesi suggestiva, queste parole enigmatiche e ad untempo illuminate di Zosimo danno infine la conoscenza della cosa meravigliosa, dalla duplice via e dal duplice volto, che, ancor in senso evangelico, è la Pietra degli ermeticiDespoti del Tempio”, “dominatori dello Spirito”.
“Questo é il mistero divino e grande l’oggetto che si cerca. Questo é il tutto. Da lui il tutto e per suo mezzo il tutto. Due nature, una essenza sola: ché l’una dall’altra è attratta e l’una dall’altra è dominata. Questa è l’Acqua luminosa [lett.: d’argento], ciò che sempre fugge, ciò che dai propri elementi è attratto. E’ l’Acqua divina, che da tutti fu ignorata, la cui natura è ardua a contemplare: poiché essa non è un metallo, né l’acqua perpetuamente mobile, né una corporeità. Essa é indomita. Tutto in tutto, possiede una via e uno spirito, e il potere della distruzione”.

Da Julius Evola – La Tradizione Ermetica – Mediterranee – pp.48-50