Centro fondamentale di studio della Cabbala è Dio, che viene definito Ein-Sof, ovvero Infinito.
Ci sono due metodi di studio dell’Infinito, uno consiste nello studio di Dio in rapporto alla sua creazione, l’altro è lo studio dell’Essenza Intrinseca, dell’Essenza stessa di Dio, ma è impossibile per la mente umana giungere a tale conoscenza, non a caso i termini usati per descriverlo sono
“ciò che il pensiero non può raggiungere”,"la luce nascosta”,“l’occultamento della segretezza”,
ecc...
Il fattore comune a tutti questi termini è che Ein-Sof e i suoi sinonimi sono al di sopra o al di là del pensiero.

Come può infatti la mente finita dell’uomo contenere l’Infinito?
La parola Ein Sof in ebraico inizia con alef, la prima lettera dell’alfabeto. L’infinito è quindi denotato dalla lettera alef.
Anche la parola ebraica usata per Dio, Elohim, inizia con la lettera alef (e cosi anche la parola per “uno”, Echad). La lettera alef rappresenta la natura infinita e l’unicità di Dio.
Mosheh de Leon scrive nello Zohar:
"Dio è unicità unificata. Fino all’ultima maglia della catena, tutto é collegato con ogni altra cosa, e cosi l’essenza divina è al di sotto come pure al di sopra, in cielo e sulla terra"
In quanto è infinito, Dio non può essere descritto o compreso: l’Ein Sof è molto al di là di ciò su cui la mente umana può sperare di posare lo sguardo.
Gli attributi che possono essere studiati sono le Sefirot, fatti oggetto di meditazione e usati per la preghiera. Le Sefirot sono una specie di realizzazione della creazione di Dio, dal livello più basso di un minerale fino alla meraviglia dello stesso Ein Sof.
Un anonimo cabalista del XIV secolo scrisse:
"Dal momento che Dio è infinito e non può essere compreso, le Sefirot sono i soli aspetti finiti dell’immensità dell’En Sof che i cabalisti sono riusciti a cogliere."
Le Sefirot sono il nucleo essenziale della Cabbala. Le Sefirot, o emanazioni sono degli attributi di Ein-Sof che rappresentano il modus operandi dell’Infinito, le emanazioni stanno a Dio come la luce sta al fuoco, due entità separate, ma unite, ma al contrario della luce che esaurisce progressivamente il fuoco, le emanazioni non diminuiscono la potenza di Dio.
Lo Zohar così definisce tale rapporto:
“Lui è loro e loro sono Lui, come una fiamma a un tizzone ardente dove non esiste divisione”
o ancora come:
“una lampada dalla quale le luci si diffondono in ogni direzione, ma quando ci avviciniamo per esaminare da vicino tali luci, scopriamo che esiste solo la lampada”.
Le Sefirot, pur essendo state create da Dio, fanno pur sempre parte di Dio stesso. Le Sefirot, collettivamente, rapresentano dunque i dieci aspetti e gradi dell’Ein Sof; formano insieme un mondo di luce e sono concepite come una unità dinamica. Il ritmo di sviluppo delle Sefirot rispecchia quello
del "processo creativo”

Con l’apparire delle Sefirot e dell’Ein Sof agli inizi del XIII secoLo, i cabalisti vennero accusati di politeismo. Come poteva Dio essere allo stesso tempo infinito e costituito da dieci Sefirot. I cabalisti risposero che Dio é l’Infinito, l’Ein Sof; ma le Sefirot sono parti di quell’Ein Sof e formano un’unita. Mentre le Sefirot sembrano avere un'esistenza multipla, in realtà sono una cosa sola e sono parte dell’Infinito.
Sembra quindi che i cabalisti abbiano conseguito una solida conoscenza del concerto di infinito, solida quanto quella dei filosofi e dei matematici greci.
Erano riusciti a comprendere che l’infinito può contenere parti finite, ma il tutto, l’infinito stesso, è incomparabilmente più grande delle sue parti. Nella loro risposta all’accusa di politeismo, i cabalisti avevano usato un concetto importante, che fa la sua comparsa anche nella moderna teoria degli insiemi, nell’ambito del problema dell’uno e dei molti. Esso sorge quando chiediamo: “Quand’é che molti oggetti possono essere considerati come uno, cioè come un insieme che contiene tutti i singoli oggetti?”.
Si tratta di un problema difficile dal momento che conduce a paradossi celebri, come quello di Russell.
Una delle idee della Cabbala è il nulla. I cabalisti dovettero affrontare lo stesso problema che disorienta chiunque tenti d’immaginare il nulla: si tenta sempre di visualizzare qualcosa (una scatola, un contenitore, o uno spazio vuoto) che non contiene nulla. Nella Cabbala il contenitore é chiamato “recipiente” o “indumento”; nella moderna teoria degli insiemi l’ “insieme vuoto" è un insieme che non contiene nulla. Le argomentazioni cabalistiche riguardanti il recipiente conducono alle stesse conclusioni e paradossi che affliggono la moderna teoria degli insiemi.
Queste considerazioni influenzano la nostra comprensione dell’infinito. La Cabbala usa il concerto di Ein Sof in diversi contesti. Vi é un`infinita discreta di elementi (della quale fanno parte le dieci Sefirot) che include i numeri interi. E ci sono passi, negli scritti di studiosi cabalisti, in cui si discutono linee che si estendono senza limite e si curvano verso un punto all’infinito. Questa é l’infinità continua dellageometria, nonché di Platone e dei suoi discepoli, piuttosto che quella dei primi pitagorici.
I cabalisti sembrano quindi essere stati coscienti del fatto che l’infinito esiste sia come un insieme illimitato di entità discrete, sia come un continuo. Dio è entrambi questi generi di infinito; ed era anche altri generi di infinito, cosi complessi da non poter essere concepiti dalla ragione umana. Ma la comprensione e lo sviluppo matematico dei diversi tipi di infinito erano ancora di la da venire.
Nella sua forma continua l’Ein Sof appare come un raggio infinito di luce di intensità infinita. La luce riempie lo spazio e le curve attorno ad essa all'infinito. Intorno alla luce infinita c’é una contrazione dello spazio, detta zimzum, che viene interpretata come ciò che risolve il paradosso dell’esistenza di un mondo imperfetto e finito all’interno dell’assoluta unicità e perfezione di Dio.
Secondo la Cabbala, durante la creazione il raggio infinito di luce penetrò nello spazio che si contrasse, formando le dieci sfere concentriche, le Sefirot. Il modello geometrico diviene complesso e mostra cerchi concentrici delle diverse dieci Sefirot.
Nella Divina Commedia, Dante Alighieri utilizzò un modello pressoché identico per descrivere il paradiso, il purgatorio e l’inferno. Dopo aver viaggiato attraverso le nove sfere del mondo, Dante giunge alle nove sfere degli angeli, al di la delle quali c’è un punto chiamato Empireo, dove risiede Dio. In entrambi i modelli, quello della Cabbala e quello di Dante, le sfere sono concentriche e da qualche parte su di esse c’é un punto all’infinito.

Dante sviluppò anche un sistema numerico mistico. Riscoprì la tetractys dei pitagorici, e considerò il dieci il numero sacro più importante. Assegnò a Beatrice il numero nove, a sé stesso il dieci, e dalle interazioni tra questi numeri e alcune lettere calcolò i significati nascosti, proprio come i cabalisti.

Nell’ottocento, il grande matematico tedesco Bernhard Riemann scoprì un modo di descrivere l’infinito utilizzando una sfera di questo genere, chiamata oggi “Sfera di Riemann”.
Le speculazioni sulla natura dell’infinito costituirono il punto di partenza delle riflessioni di Nicola Cusano (1401-1464). Cusano era un ecclesiastico e un matematico; si interessò di geometria, e tentò di risolvere il problema della quadratura del cerchio. Paragonò la conoscenza di Dio a un cerchio, e propose di raffigurare la conoscenza umana come un poligono inscritto in un cerchio.

Muovendo da questi principi Cusano costruì un’argomentazione basata sul concetto di limite, secondo la quale man mano che la conoscenza umana cresce, il numero dei lati del poligono aumenta, tendendo all’infinito. Ma per quanto la conoscenza umana cresca non riuscirà mai a raggiungere la conoscenza divina, allo stesso modo in cui un poligono inscritto nel cerchio non diventerà mai un cerchio, qualunque sia il nunero dei suoi lati.
Il concetto geometrico di infinito venne ulteriormente sviluppato nel Rinascimento e fu utilizzato da matematici, teologi, filosofi e artisti. Nel cinquecento gli artisti impararono a usare, nelle loro opere, ilpunto all’infinito. La prospettiva, utilizzata alla perfezione nei dipinti di Giorgione e altri, usava un punto di fuga al centro del dipinto, punto verso il quale il paesaggio scompare come se si trovasse a grande distanza dall’osservatore. Il punto di fuga é il punto all’infinito.

Un punto all’infinito, come il punto di fuga di un dipinto del Rinascimento, giace nascosto dietro le dieci Sefirot della Cabbala. Questo punto incapsula l’intera natura delle Sefirot, assieme a infinite altre qualità di Dio nascoste all’interno dell’Ein Sof.
E’ stato detto che la Cabbala è un giardino segreto. La metafora del giardino non è casuale. La Torah é il punto di partenza della pratica spirituale ebraica. Il cabalista legge la Torah a quattro livelli: Peshat
(letterale), Remez (omiletico), Derash (allegorico), e Sad (segreto). Queste quattro lettere dell’alfabeto ebraico formano l’acronimo PRDS, che viene pronunciato Pardes e significa “giardino”. Il giardino della cabala ha quindi quattro livelli. Attraverso lo studio e la meditazione il cabalista può salire da un livello del giardino al successivo, raggiungendo a ogni livello una maggiore conoscenza dell’Ein Sof una migliore realizzazione di sé con un limite a infinito proprio come nel cerchio di Cusano.
Fonti:
-A. D. Aczel - Il mistero dell'alef - Net - 2005
-Rucker, Infinity and the mind- Penguin, 1997